Letture 2011 | |
La deformazione dello spazio
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La deformazione dello spazio Arte, architettura e disagio nella cultura moderna Nella cultura del Novecento abbiamo assistito ad una distorsione di quel concetto di spazio che deriva dalla cultura psicologica del modernismo di fine Ottocento (lo spazio come proiezione del soggetto, depositario di nevrosi e fobie). Di conseguenza, lo spazio non ci appare vuoto, ma pieno di forme architettoniche che risultano “disturbanti”. L’arte, a sua volta, tende a “distorcere” ancora di più le convenzioni spaziali. Ma vi è un secondo tipo di deformazione che è prodotto dall’inevitabile scontro fra diversi mezzi di comunicazione — cinema, fotografia, arte, architettura — e risponde alla necessità di rappresentare lo spazio in maniera inedita.
Nel corso degli anni, sempre più spesso lo spazio è stato definito come prodotto della proiezione soggettiva e dell’introiezione, dunque opposto a un contenitore stabile di oggetti e corpi. Dall’inizio del secolo, le leggi apparentemente fisse della prospettiva sono state trasformate, violate e ignorate, nell’ intento di rappresentare lo spazio dell’identità moderna. Così anche il corpo è stato fatto a pezzi, la fisionomia è stata deformata dal dolore più intimo, lo spazio architettonico è divenuto causa di claustrofobia, lo spazio urbano di agorafobia. Tutte le deformazioni della normalità che esprimono la patologia sono diventate un leitmotiv, il motivo conduttore dell’arte d’avanguardia.
Anthony Vidier
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